L’album omonimo è generalmente usato per introdurre la propria musica, per indicare un debutto, ma in questo caso segna, dopo una lunga ed interessante carriera indipendente con nove pubblicazioni discografiche a partire dal 2000, un punto d’arrivo importante per Sean McConnell, autore e cantante del Massachussetts. Il suo esordio per una delle più gloriose label del panorama roots, la Rounder Records, nata con lo scopo di promuovere suoni prettamente tradizionali ed acustici tra bluegrass, folk e country ma ben presto caratterizzata da una più ampia proposta di blues, rock e pop, presenta ad un pubblico più ampio una sensibilità di assoluto rispetto e un talento da tenere in alta considerazione. Sean è andato a Nashville (sua città adottiva) per incidere questo lavoro ma non lo ha fatto assecondando le mode del mainstream country ma ‘cucendo’ un suono molto variegato che prende spunti diversi e li unisce con forti implicazioni autobiografiche, profondamente vissute e interpretate con il cuore. In queste canzoni c’è country music dal sapore contemporaneo ma distante da certe banalità attuali, c’è l’amore per la melodia pop, c’è il fascino ‘neo-folk’ di band come Lumineers, Passenger, Mumford & Sons e Milk Carton Kids, c’è comunque una personalità e soprattutto una voce che conquista per grazia ed intensità. I suoni sono elettroacustici, arrangiati con estremo gusto e, in ogni piega e sfumatura, emerge un’ispirazione veramente considerevole, con testi mai risaputi o scontati ma pieni di poesia. Subito la terna iniziale composta da “Holy Days”, “Ghost Town” e “Bottom Of The Sea” fissa le coordinate dell’album e rappresenta anche la parte più emozionante e ‘radio friendly’. “Beautiful Rose” e “Hey Mary” sono più legate ad una country music acustica in cui la melodia affiora in tutta la sua forza, due brani di indubbio fascino. “Queen Of Saint Mary’s Choir” è intensa e personale e in alcuni momenti rimanda al Keith Urban più intimista ed ispirato, “Running Under Water” è un altro bell’esempio di country, pop e folk uniti dalla delicatezza di un eccellente autore, profondamente umano e sensibile, “One Acre Of Land” è una di quelle storie, di quei quadretti accorati e personali che raccontano un’America di provincia di grande fascino, quella più volte raccontata attraverso la musica country e folk, così come la chiusura di “Babylon” conferma la bravura e il talento di Sean McConnell. Ne sentiremo ancora parlare.(Remo Ricaldone)