Non è mai sceso a patti nel corso della sua lunga attività di musicista, scrittore, umorista e politico Richard Samet Friedman, in arte Kinky, nato a Chicago, Illinois ma ben presto trasferitosi con la famiglia negli splendidi scenari della Hill Country texana, capace di interpretare con (auto) ironia, sagacia e coerenza un talento che si è espresso in mille modi diversi ma con uguale autenticità. Poliedrico, anticonformista e iconoclasta, Kinky Friedman ha contribuito all’imporsi, ad inizio anni settanta, del cosiddetto movimento ‘outlaw’ che dal Texas ha riportato la country music all’originaria spontaneità e forza espressiva in contrapposizione con l’imperante inserimento di inflessioni pop nel business nashvilliano. Il suo essere ebreo ha caratterizzato la sua carriera discografica portando spesso alla luce un sarcasmo a volte non pienamente compreso, come d’altronde capitato a grandi autori della musica americana come Randy Newman o Terry Allen, in un percorso che già nei primi album ci ha regalato momenti indelebili di country music genuina con “Sold American” (il suo debutto del 1973 a ventinove anni), “Lasso From El Paso” (1976) e “Under The Double Ego” (1983). Per lungo tempo Kinky si è dedicato anima e corpo alla scrittura, lasciando un po’ in disparte il suo ‘primo amore’, mostrando una vena dissacrante e indipendente che seguiva la sua passione per i classici della letteratura ‘noir’, infarcendola di episodi legati alla musica. Dei molti libri (e di una ottima autobiografia intitolata ‘Everything’s Bigger In Texas: The Life & Times of Kinky Friedman) pubblicati solo un paio purtroppo sono stati tradotti da noi, ‘Elvis, Gesù e Coca-Cola’ del 1997 e ‘A New York Si Muore Cantando’ del 2000, e da segnalare sono anche l’attività di scrittore di racconti umoristici e quella di ‘columnist’ per il Texas Monthly. Kinky Friedman è sicuramente annoverato come ‘guida spirituale’ per innumerevoli musicisti e le sue frequentazioni sono state più che nobili, dalla partecipazione al grande carrozzone del Rolling Thunder Revue di Bob Dylan negli anni settanta all’ amicizia con Commander Cody (alias George Frayne), alle partecipazioni al Saturday Night Live e al Grand Ole Opry. Molte sono le curiosità legate al suo nome, pur vivendo una vita abbastanza lontana dai riflettori, dall’impegno animalista a quello politico, vissuto intensamente seppur con la scontata ironia in una quasi improbabile campagna elettorale che nel 2006 lo portò a concorrere alla carica di Governatore del Texas ottenendo un più che ragguardevole 12,4 %. Negli anni si sono diradate le sue uscite discografiche fino al suo ultimo album inciso nel 2019 ed intitolato “Resurrection” con un cammeo di Willie Nelson, mentre è del 2005 il suo più recente romanzo intitolato ‘Ten Little New Yorkers’, naturalmente non uscito da noi. Il 26 giugno di quest’anno ci ha lasciato con un’eredità artistica che lo ha incluso tra i grandi di quella country music che non ha mai avuto paura del ‘politicamente corretto’ ma anzi l’ha volutamente schivato grazie anche a limpide doti poetiche. Rimarrà scolpita però tutta la sua carica eccentrica e il suo inseparabile sigaro Montecristo a ritrarre un musicista unico ed irripetibile. (Remo Ricaldone)