Da più di trentanni nel ‘music business’, tredici album incisi e un’attività live che lo ha portato a condividere il palco con nomi importanti come Bob Dylan, Taj Mahal, Derek Trucks e Keb Mo’ in un percorso dove ha macinato migliaia di miglia portando a compimento una maturazione e una profondità espressiva non comuni: la musicalità di John Shipe da Eugene, Oregon è frutto di tutte queste esperienze, professionali e personali che possono essere riassunte sotto l’ampio ‘cappello’ del termine americana. Da pochi mesi è stato pubblicato il suo album intitolato “Water This Dark” in cui racchiude queste molteplici sfaccettature, le peculiari tematiche (autobiografiche ed introspettive) che lo hanno reso artista e uomo dall’approccio poetico e sensibile le cui canzoni trattano con sobrietà e ottime doti melodiche tutte le emozioni della vita, i sogni, le aspirazioni, le sofferenze e le delusioni, usando le giuste metafore e ambientando frequentemente le storie negli ampi e affascinanti spazi del nativo midwest. “Water This Dark” ha il dovuto dono della sintesi e nel corso dei nove brani di cui è composto scorrono ballate e momenti rock, la soffice tenerezza alternata al solido e robusto affidarsi al classico ‘american rock’. “What Do I Owe?” apre nel migliore dei modi il disco grazie ad una melodia azzeccata, ad un intenso feeling e ad un arrangiamento essenziale ma sostanzioso grazie alla produzione di Tyler Fortier. La canzone che da’ il titolo alla raccolta rafforza con il suo spirito pugnace e tocchi rock dalle sfumature quasi gospel un album che prosegue con un altro intrigante momento come “Unfinished Business”, ancora tra rock e radici. Il bel momento ispirativo di John Shipe è poi confermato dalla intima e sognante “Counting Song”, ballata acustica fortemente evocativa che con la successiva e pianistica “Gold Into Yarn” colpisce nuovamente nel segno in un momento dal gusto ‘cinematico’ che starebbe bene come contrappunto a scene di film o telefilm. “Starting Over And Over Again” (Treadmill Part II)” veste i panni country-folk con naturalezza e fascino ponendosi come uno dei momenti più godibili, “The Darkness I’ve Been Waiting For” ha un piglio maggiormente pop, interessante ma nel complesso attendista e discreta, così come “Lessons (Do They?)”. A congedo di un lavoro dai molti aspetti positivi c’è un’altra ballata condotta dal piano (ottimo il lavoro in tutto il disco di Mike Walker), “By Now”, che a me ha ricordato quelle di Jackson Browne per suggestioni e senso melodico, a conferma della validità della proposta di John Shipe (Remo Ricaldone)