Due voci della country music, Jeannie C. Riley e Dolly Parton, sono accumunate da uno stesso traguardo. Sono le sole due donne ad averlo raggiunto ed entrambe lo fecero con brani dall’impronta femminista.

Jeannie C. Riley nacque nel 1945 a Stamford, in Texas. Crebbe suonando musica country ai jamborees mensili di suo zio Johnny Moore e sognando di diventare una cantante professionista. Si sposò giovanissima, dando alla luce una bambina, nel 1966, e quello stesso anno decise di trasferirsi in Tennessee, dopo aver ricevuto un invito dal famoso steel guitar player, Weldon Myrick, che aveva ascoltato un suo demo tape. Sebbene diversi produttori ritenessero interessante la sua voce, a Nashville, in realtà, la Riley partì da zero, lavorando come segretaria per la Passkey Music. La sua carriera fu a lungo in penombra, intaccata dalle delusioni e da sforzi che sembravano non dar risultato. Quando però Shelby Singleton, ex produttore della Mercury Records, sentì una delle sue registrazioni, la convocò immediatamente e le fece firmare con la sua nuova etichetta, la Plantation Records. Fu così che vide la luce “Harper Valley PTA”, una delle canzoni country più conosciute di tutti i tempi.

Il pezzo era stato scritto da Tom T. Hall e riferiva di un immaginario confronto, astioso quanto irriverente, tra una giovane madre vedova dalle maniere affabili e moderne, Stella Johnson, e un gruppo della PTA, la Parent Teacher Association, associazione di genitori e insegnanti, che si opponeva al suo modo di vestire, al bere in compagnia e alla cordialità che mostrava con gli uomini della città. La figlia di Stella un giorno tornò a casa con un biglietto per sua madre, firmato dal segretario della PTA, in cui si rimproverava la donna per un abbigliamento indecente ed un comportamento indecoroso e si concludeva duramente che una come lei non avrebbe dovuto avere il diritto di crescere un’adolescente. Stella allora si presentò alla riunione pomeridiana della PTA e iniziò a rispondere alle accuse moralistiche, smascherando la meschinità dei suoi accusatori e denunciandone l’ipocrisia. A quanto pare era una storia vera. Da qualche parte negli States, Tom T. Hall aveva incontrato una madre single che osava sfidare il conservatorismo ed il conformismo imperanti. Di donne che vivevano quella condizione di isolamento e biasimo, però, ce ne erano tante. Mute e spesso remissive, si scontravano con una società maschilista e retrograda, così la canzone finì inaspettatamente col colpire un nervo scoperto della società americana.

Molte madri single provarono una certa empatia col personaggio di Stella Johnson e la canzone spopolò, portando la Riley nella storia della musica country. Fu la prima cantante ad avere un suo varietà, l’Harper Valley USA, e quel successo spinse alla realizzazione di un film, dieci anni dopo, e di una serie televisiva, entrambi con Barbara Eden nei panni della vedova Johnson. Da quel momento, oltretutto, la Riley si appropriò di un’immagine moderna e sexy, perfettamente alla moda, con minigonne e go-go boots, destando scalpore e turbamento in un’epoca in cui le regine del country si proponevano ancora al pubblico con lunghi e castigati abiti a quadretti.

Il suo singolo vendette oltre sei milioni di copie e fu premiato con un disco d’oro della RIAA appena quattro settimane dopo l’uscita della canzone. L’album con lo stesso nome vendette oltre un milione di copie e ottenne un ulteriore disco d’oro. “Harper Valley PTA” fu nominata “Record of the Year” e “Song of the Year” in ambito pop e raggiunse il numero uno sia delle classifiche country che di quelle pop di Billboard nel settembre-ottobre 1968. L’impresa non fu più ripetuta fino al 1981, quando Dolly Parton pubblicò “9 to 5”. Ancora una volta si trattò di una canzone capace di scuotere la coscienza delle donne e scardinare le vecchie strutture sociali americane.

La Parton interpretò Doralee Rhodes nel film “9 to 5”, accanto a Dabney Coleman, Lily Tomlin e Jane Fonda. La sigla fu da lei scritta per superare la noia del set, tra lunghe attese, sedute di trucco e prove costume. In quei frangenti Dolly s’era sentita impazzire ed aveva preso a scrivere testi. Venne fuori la traccia che diede il titolo al film e che salì al numero uno della classifica dei singoli country di Billboard, il 24 gennaio 1981, e si guadagnò anche la vetta della classifica pop di Billboard Hot 100. Per “9 to 5” Parton vinse un Grammy Award.

La protagonista del brano sfidava le discriminazioni sessuali come nel brano della Riley, ma stavolta in ambito lavorativo. Era una segretaria che lavorava “dalle 9 alle 5″ e che sognava una carriera di successo, riconoscimenti per i suoi meriti, approvazioni per l’impegno profuso. È abbastanza per farti impazzire se lo permetti”, cantò Parton e immancabilmente fioccarono le accuse di comunismo e devianze sessuali, in virtù anche della sua collaborazione con l’attrice lesbica Lily Tomlin e l’attivista politica Jane Fonda. Il titolo era oltretutto il nome d’una organizzazione femminista fondata nel 1973 per rivendicare una retribuzione equa per le donne. “Usano solo la tua mente e non ti danno mai credito. La canzone ottenne un disco d’oro nel 1981 ed un disco di platino nel 2017.

Il destino delle due cantanti fu molto diverso. Dopo “Harper Valley PTA”, la Riley conseguì qualche altro successo ma nulla di pari al suo brano d’esordio. Solo due dei suoi singoli, “Good Morning Country Rain” e “Give Myself A Party”, entrarono nella top 30. Più tardi rinunciò al suo look sixties e si dedicò al gospel. Viceversa la popolarità di Dolly Parton fu inarrestabile. ( Angelo D’Ambra)