Ci sono musicisti che diventano ‘famosi’ più che per le proprie doti interpretative per quelle compositive e rimangono indissolubilmente legati ad una canzone e ad un periodo storico preciso, pur continuando più o meno regolarmente ad incidere. Il caso di Jack Tempchin, singer- songwriter di Encinitas, cittadina ad una quarantina di chilometri da San Diego, California è emblematico di tutto ciò e i più attenti (e i più attempati!) lo ricorderanno autore per gli Eagles firmando due classici come “Peaceful Easy Feeling” e “Already Gone”. Da allora molta acqua è passata sotto i ponti e la discografia di Mr. Tempchin ha cominciato ad avere una certa regolarità (comunque con una scansione di quattro/cinque anni da un disco all’altro) dagli anni novanta, presentandoci un musicista dal profilo un po’ sfuggente e comunque sempre genuino, con uno stile per la maggior parte acustico, rilassato ed amichevole. Non ha più toccato i vertici delle classifiche con le sue canzoni ma ha sempre regalato emozioni semplici e naturali. “One More Song” è un ottimo modo per conoscerlo, un’occasione ghiotta per penetrare una musicalità che unisce radici folk e country ad un’attitudine pop e alcune sfumature jazzy. E parlando di ‘top hits’ Jack Tempchin sceglie di aprire l’album con una “Slow Dancing” che nel 1977 fu un buon successo per Johnny Rivers, un’apertura molto ‘laid back’ e intima. Quando poi l’armonica diventa protagonista come in “Singing In The Streets” e in “Circle Ties That Bind” la qualità sale in maniera esponenziale e la poetica si fa pregnante. “I Got Her Right Where She Wants Me” è un godibile country waltz con le chitarre di Waddy Wachtel in grande spolvero mentre sofferta e accorata è l’acustica “Song For You”, brano che meriterebbe successo e riconoscimento. “One More Song” è uno dei momenti più pregevoli, una canzone molto amata (e ripresa) dai colleghi di Jack Tempchin, un piccolo gioiellino ancora da scoprire, “Around Midnight” è sinuosa e naturalmente notturna, un ‘jazz number’ cantata con trasporto e grande bravura, “So Long My Friend” è decisamente folkie e “Still Looking For A Way To Say Goodbye” è pianistica e cristallina. Un disco questo che mostra quanto sia grande la voglia di mettersi in gioco e riproporre nuove melodie, un viaggio piacevolissimo nelle sonorità di uno dei tanti piccoli tesori, ben custoditi, della scena indipendente americana legata alle radici.(Remo Ricaldone)