Texana di adozione, Helene Cronin è attualmente una delle migliori voci di quella scena che trova ispirazione nel cantautorato legato al folk e nella country music declinata con toni autoriali di eccellente fattura. Già vincitrice nel 2018 del Kerrville Folk Festival nella categoria ‘New Folk’, Helene Cronin aveva già ottenuto commenti più che positivi con l’album dell’anno seguente intitolato “Old Ghosts & Lost Causes” dove esprimeva tutta la sua personalità mettendosi in luce grazie ad una grande capacità descrittiva e una voce che colpiva nel profondo. Nle 2023 “Landmarks” ne decretava la completa maturazione ancora una volta sotto la produzione di Matt King in un album a metà strada tra la canzone d’autore di cui la scena nashvilliana è famosa (e frequenti sono i suoi viaggi a Nashville dove è di casa al rinomato Bluebird Cafe) e quel ‘folkabilly’ di cui Nanci Griffith è stata regina incontrastata per anni. Dopo l’ep natalizio dello scorso anno ecco l’uscita di quello che è probabilmente il suo disco più intenso e brillante, un impeccabile percorso sonoro dove la scrittura è cristallina nel definire la sua più intima essenza e una personalità ricca di empatia e umanità, con performance sempre di livello aiutate da un manipolo di eccellenti musicisti tra cui spiccano gli strumenti a corda di Bobby Terry (chitarre acustiche, dobro, steel guitar e mandolino), le tastiere di Charlie Lowell e una precisa sezione ritmica formata da Paul Eckberg alla batteria e Matt Pierson al basso. Il suono è quindi prettamente acustico anche se tutt’altro che scarno, ricco com’è di spunti e di un’alternanza assolutamente godibile di ballate e di tempi più movimentati in un insieme dove Helene Cronin si trova a suo agio e riesce ad eccellere in quello che si può considerare uno dei migliori prodotti del genere in questo inizio di anno. “Copperhill” entra subito nel cuore con una melodia forte ed orgogliosa, un ottimo biglietto da visita per un disco che mostra di avere molte frecce al proprio arco, pieno di canzoni che si fanno ricordare per forza espressiva e il giusto piglio, qui espresso attraverso un bel lavoro di slide e di armonica. Ogni storia ha un appeal fatto di interpretazioni in cui Helene getta il cuore oltre l’ostacolo celebrando la migliore canzone d’autore come in “Power Lines” in cui ci si avvicina a Mary Chapin Carpenter anche se la personalità è qui chiara e decisa. Dobbiamo giusto farci trasportare in un mondo in cui la poesia, la grazia, la passione per la propria terra traspaiono in ogni nota e in ogni piega di queste canzoni, dalla splendida “Maybe New Mexico” passando per la squisita “People”, l’evocativa “Not The Year”, “Ain’t That Just Like A Man” in cui la country music più genuina emerge in tutta la sua bellezza e la pianistica “Dear Life”. Helene Cronin merita tutta la nostra attenzione confermandosi e anzi superando se stessa con un lavoro che rimarrà tra le cose più interessanti di questo 2025. (Remo Ricaldone)