Il solco tracciato da Bob Wills fu percorso da molti tra gli Anni Quaranta e Cinquanta. Pensiamo a Rod Morris e i Missourians, con le celebri “Bimbo” e “Free, White e Twenty-One”, pensiamo a Merl Lindsay e gli Oklahoma Night Riders prima e la Ozark Jubilee Band, poi, autore di brani frenetici come “Lonesome Okie Goin’ Home” e “Water Baby Blues”. Leon McAuliffe, lasciati i Texas Plyboys e costituiti i Cimarron Boys, aveva fatto il giro delle stazioni radio e dei canali televisivi con la sua “Steel Guitar Rag”. Spade Cooley, prima che l’assassinio di sua moglie lo condannasse all’ignominia, aveva raggiunto la testa delle classifiche con “Shame on You”, ritagliandosi piccole parti anche nei film western e spettacoli televisivi, e Tex Williams, che l’aveva accompagnato come vocalist, “Smoke! Smoke! Smoke! (That Cigarette)” restò per sedici settimane al numero uno nella classifica di Billboard. Ciascuno di essi si arrogava il titolo di “re del western swing” ed il pubblico li osannava. Il riscontro di vendite di dischi western swing era incredibile. Canzoni orecchiabili, assoli e ritmi coinvolgenti, sebbene non così sofisticati come quelli di Wills, riproponevano le atmosfere delle sale da ballo trascinando l’intera industria musicale. Il genere era sopravvissuto ai cartelli che recitavano “Vietato ballare”, conseguenza dell’odiosa tassa federale imposta sui locali notturni per sostenere le spese belliche statunitensi. Sul finire degli Anni Cinquanta, però, si dischiuse il tramonto per le grandi band. I jukebox le rendevano superflue e, in più, la scena musicale subiva la fascinazione di cantanti carismatici che viaggiavano verso il rock and roll come Jim Reeves, Slim Whitman, Skeets McDonald e Gene O’Quin.
Hank Thompson navigò controcorrente insistendo sulla formazione ampia dei Brazos Valley Boys – forte di un numero d’elementi che variava dagli otto ai dodici – e su un western swing rinverdito e vitaiolo. Il biografo Ronnie Pugh definì il suo stile, “meno jazzistico di Bob Wills, meno orchestrale di Spade Cooley e diverso e distinto da quello di Leon McAuliffe e Merl Lindsay”. Indubbiamente, fu capace di lasciare il segno, attraversando settanta anni di musica country.
Nato a Waco il 3 settembre 1925 in una famiglia di migranti boemi che favorirono la sua incredibile predisposizione per la musica, Hank Thompson, appena adolescente, suonava l’armonica e la chitarra e si esibiva ogni sabato al Waco Theatre coi Kiddies Matinee. In quegli anni vinse un talent show, cantando canzoni di Roy Acuff ed Ernest Tubb ed il suo talento conquistò i produttori radiofonici che lo assoldarono per una trasmissione, “Hank the Hired Hand”. Dopo il diploma, si arruolò nella Marina degli Stati Uniti e servì come radiotelegrafista, studiando ingegneria elettrica alla Princeton University ed alla University of Texas, continuando però a coltivare la sua passione per la musica e suonando per i suoi commilitoni. Tornato a Waco, nel 1946, intraprese la carriera radiofonica nella stazione KWTX, suonando brani di artisti come Gene Autry, Jimmie Rodgers, la Carter Family e Vernon Dalhart. In quegli anni, col chitarrista Billy Grey, fondò pure i Brazos Valley Boys e con essi prese a suonare brani propri. A Grey, si unirono artisti del calibro di Curly Chalker alla steel guitar, Billy Briggs Stewart al basso, William Wayne Foster alla batteria, Joe Herman “Red” Hayes e Kenneth “Little Red” Hayes al fiddle, Gilbert “Gil” Baca al pianoforte. Finirono rapidamente ai Sellars Studios di Dallas, dove incisero “Swing Wide”, per la Globe Records. Era il 1946 ed il disco spopolò. L’impasto, tenace e fresco di “Whoa Sailor”, scritta sotto le armi, inaugurò un lunga serie di canzoni ballabili dai testi scanzonati, spesso legati ai bar, all’alcol, impregnate di atmosfere honky tonky.
L’amalgama sonoro di fiddles, batteria, steel guitars risultava trascinante. Il vorticoso mondo di Ernest Tubb si miscelava al delicato swing jazzistico di Bob Wills, i suoni di Nashville agli elementi di country boogie. Fu intrapresa una strada che convinse subito Tex Ritter della Capitol Records. Il nuovo contratto portò, due anni dopo, Hank Thompson e i Brazos Valley Boys a registrare il grande successo “Humpty Dumpty Heart”, numero 2 nella classifica dei singoli country di Billboards. Nello stesso anno, il cantante – fresco del matrimonio con Dorothy Jean Ray – orientò i suoi sforzi su Nashville dove si presentò con la spinta elettrizzante di “California Women” e “Green Light”, canzoni di eccessi, di vita notturna, di baldoria ed alcol, di vecchie fiamme senza nome, donne che recitano parti, uomini facili ad innamorarsi. Il sogno del successo ebbe, però, qualche inciampo.
Il palco del Grand Ole Opry si mostrò non pronto per lo stile di Thompson, refrattario a quell’intenso misto di jazz, country e blues, ostile a strumenti a corda amplificati e batterie. Tanto conservatorismo era inaccettabile per un vero rivoluzionario della musica come Thompson. Il risultato fu una coraggiosa rottura con Nashville, la potremmo definire avveneristica. Gli Outlaws, nella loro ricerca della libertà, si ribellarono all’establishment di Nashville negli Anni Stettanta, ma Thompson, voltò le spalle al Gran Ole Opry già nel 1949.
A differenza delle altre band western swing, Thompson lasciava meno spazio agli assoli ed alle soluzioni strumentali, enfatizzando, invece, i ritmi e gli arrangiamenti meticolosi. La sua voce baritonale intonava strofe irriverenti e sfacciate. La sua musica era orientata al pubblico un po’ sregolato e vivace dei locali honky tonky, pulsava di un’energia a volte dondolata, altre saltellata, aveva il spore della frenesia dei sabato sera. L’audacia di Hank fu premiata ed il 1951 fu l’anno in cui la sua “The Wild Side of Life” – incisa per il lato b di “Crying In The Deep Blue Sea” – rimase inchiodata al numero uno delle classifiche di musica country per quattordici settimane, consegnando Thompson nel novero dei grandi della country music.
All’epoca i divorzi avevano raggiunto numeri record negli Stati Uniti, ma la colpa di chi era, delle donne o degli uomini? “I didn’t know God made honky tonk angels”, cantava Hank a chi l’aveva lasciato e la leggenda della musica cajun J.D. Miller gli fece il verso, sviluppando l’idea da una prospettiva diversa, quella femminile, così più tardi Kitty Wells rispose con “It Wasn’t God Who Made Honky Tonk Angels”, gli angeli honky tonk non erano stati creati da Dio, ma da uomini infedeli, in un siparietto che scaricava ora sulle donne, ora sugli uomini, la responsabilità di tradimenti e rotture matrimoniali, e consegnava alla storia due delle più belle canzoni country.
Thompson aveva dunque ottenuto ciò che voleva, il successo con musica che facesse ballare, unire la raffinatezza del jazz ai battiti divertenti hillbilly, le armonie country alle pulsioni blues. Secondo Kurt Wolff, autore di “Country Music: The Rough Guide”, “le sue canzoni avevano l’essenza dell’honky-tonk disperato, ma la musica di Thompson consisteva nel far ballare e sorridere le persone, non a far cadere la faccia sul bancone in singhiozzi”.
Nel frattempo nella band giravano Jimmy Pruett e Vic Davis(piano), Merle Travis, Tommy Allsup, Phil Baugh e Joe Maphis (chitarra), Wayne Whitewing e Floyd White(steel guitar), Gwin Nichols e Paul McGhee (batteria), Billy Armstrong, Harold Hensley, Buddy Spicher, Tommy Williams, Johnny Gimble e Billy Wright (fiddle). I Brazos Valley Boys si imposero come il principale western swing ensemble e dimostrarono la loro grandezza con tre album live, “At the Golden Nugget” (1961), “Cheyenne Frontier Days” (1962) e “At the State Fair of Texas” (1963), che ribollivano di elettricità e schiamazzi, del mondo delle roulette, del whisky, di donne avvenenti ed uomini festaioli e bevitori.
Thompson è ricordato così per essere stato il primo a registrare un album country dal vivo. È stato il primo a viaggiare con un proprio impianto luci e audio, il primo a registrare in stereo ad alta fedeltà ed anche la prima star country ad avere un proprio programma televisivo a colori, su WKY-TV.
L’album “Smoky the Bar” del 1969 sublimò la caratteristica proposta musicale in un contesto difficile e di silenzioso ostracismo, in cui la popolarità dei Beatles disfaceva l’orientamento delle etichette. Con pragmatismo, Thompson accantonò i Brazos, iniziò ad usare turnisti ed adattò al contesto pop la sua voce baritonale, limpida e gentile. Il pubblico l’ha visto esibirsi sino all’età di ottantadue anni.
Nel 1989 entrò nella Country Music Hall of Fame. Nel 1997, presentò “Hank Thompson and Friends”, una raccolta di brani e duetti con alcuni degli artisti più famosi della musica country (Vince Gill, Lyle Lovett, George Jones, Brooks & Dunn, Marty Stuart…). Quell’anno fu inserito nella Nashville Songwriters Hall of Fame. Un ultimo disco, nel 2000, “Seven Decades”, ha attraversato la sua lunga storia discografica. ( Angelo D’Ambra)