A dimostrazione di come la musica possa essere l’ancora di salvezza e un modo per superare le mille sfide e difficoltà che la vita ci presenta, il debutto di Emily Haden Lee, cantautrice di Chicago cresciuta in una famiglia in cui le arti hanno sempre rappresentato un basilare punto di riferimento, è un atto di resilienza e di presa di coscienza dopo la scomparsa del padre e del fratello e i problemi legati a dipendenze e depressioni che hanno segnato i suoi affetti. Fortemente influenzata da nomi come Bonnie Raitt, Crosby, Stills e Nash, le Dixie Chicks e Patty Griffin, Emily Haden Lee ha perseguito i suoi sogni spostandosi a Boston e nell’Indiana, per poi tornare a Chicago dove ha trovato gli stimoli e l’ambiente giusto per esprimere una poetica profonda e stimolante che, grazie ad una voce estremamente espressiva, una ricerca della melodia molto interessante e una decisa maturazione compositiva, ha creato questo ottimo “The Woman I Would Be”, un viaggio interiore dove dolori, speranze, riflessioni e sogni si alternano nelle dodici canzoni di cui è composto. Un sensibile e terapeutico atto d’amore prodotto dal rinomato musicista di Chicago Steve Dawson e dal marito Alex Lee, un viaggio prettamente acustico in cui si mescolano le influenze citate in precedenza, stimolante e dinamico, a cui si aggiunge il grande amore di Emily Haden Lee per Alison Krauss e per Eva Cassidy, due nomi ai quali spesso le melodie possono accostarsi. Difficile a questo punto estrarre un brano piuttosto che un altro tale è la coesione di materiale così incisivo che si apre con “Gentle Man” dove subito si viene accolti da una grazia, una dolcezza e una limpidezza veramente non comuni e prosegue con la deliziosa “Begin Again” in cui si incrociano Suzanne Vega e Laura Nyro, gli arpeggi cristallini di “Cowboy”, le suggestioni urbane di “Will You Set Me Free” sottolineate da un bel lavoro di chitarra elettrica, “Forever Blues” che si avvicina alla tradizione grazie ad un bell’intro ‘acappella’, “Sugar & Dirt” in bilico tra radici e modernità, la gustosa “On A String” e la title-track che inevitabilmente incarna lo spirito del disco. Un album e una cantautrice che regalerà momenti pregni di poesia a coloro che apriranno il proprio cuore a queste canzoni. Lo meritano davvero. (Remo Ricaldone)