Tra le migliori figure emergenti di quella canzone d’autore che unisce country, folk e ‘adult contemporary’, Carolyn Shulman da Denver, Colorado (dopo essere cresciuta a Mobile, Alabama e aver esercitato la professione di avvocato a Houston, Texas per qualche anno) firma un secondo disco, dopo un debutto intitolato “Grenadine & Kerosene”, che ne definisce pienamente la bella ricerca melodica e le giuste radici, il tutto sorretto da una voce limpida e avvolgente. I riferimenti stilistici si potrebbero ricercare nella  Mary Chapin Carpenter di inizio carriera quando la country music era più presente nei suoi album, nella purezza folk di Lucy Kaplansky con cui condivide assonanze vocali, nelle armonie tra pop e radici di Shawn Colvin e nello stile di Patty Griffin, anche lei importante ed influente singer-songwriter. Le narrazioni di Carolyn Shulman prendono spunto sia da temi sociali che da quelli personali, con una musicalità che spesso si ricollega alla tradizione come nella bellezza acustica e quasi bluegrass di “Little Sparrow”, nelle pieghe country di una “Old Farm House” che rappresenta uno dei punti di forza del disco, con il banjo del produttore John McVey e la fisarmonica di Eric Moon a fare da base e nella descrittiva ballata folk “Call My Heart Home”. I rimandi alla canzone intima ed emozionante di Mary Chapin Carpenter si possono ritrovare già dall’introduttiva “Heart On A Wire”, in “Bolt Out Of The Blue”, nella cristallina bellezza di “No Sad Songs” che si avvale della splendida pedal steel di Glenn Taylor, nella pianistica e struggente “Sunflower Seeds” e anche nella robusta “All Burned Out”, il momento più rockeggiante della selezione. Un disco questo che si dipana attraverso emozioni profonde, il fascino di racconti con sullo sfondo l’America più sincera e il talento vero di una cantautrice che merita tutta la nostra attenzione. (Remo Ricaldone)