Bob Wills ha lasciato un segno indelebile nella musica country e western e ha influenzato numerosi artisti moderni come Merle Haggard e George Strait. Fu un violinista di eccellenti qualità, il leader di una grande band, il padre del western swing.
Nacque in una fattoria a Kosse, nella contea di Limestone, in Texas, nel 1905, primo dei dieci figli di John ed Emmaline Wills. I suoi genitori, nel 1913, si trasferirono a Hall County, nell’Ogden Ranch, e fu lì che Bob imparò a suonare il violino, apprendendo le canzoni della frontiera che cantava suo nonno e i pezzi popolari che eseguiva suo padre. Assorbì, così, un vasto repertorio di canzoni folk e ballate di pionieri, conobbe ritmi e gusti del mondo rurale e afferrò subito un concetto semplice: la gente voleva divertirsi, farsi rapire da una melodia e viaggiare lontano dalle preoccupazioni quotidiane.
Si esibì la prima volta a quindici anni, per sopperire al ritardo di suo padre che doveva esibirsi ad un ritrovo. S’avviò allora a suonare nei capanni dei ranch texani, facendo qualche capatina alla radio. Per quattordici anni frequentò l’ambiente delle fattorie. Il Texas aveva la sua eredità musicale, l’influenza del blues dei neri dei campi di cotone, della musica per violino, del ragtime, poi c’erano l’immagine simbolo di Jimmie Rodgers e la musica messicana del confine. I ragazzi, al sabato, raggiungevano le città e ascoltavano i dischi, senza aver soldi per comperarli. Tornati nei loro ranch improvvisavano ad orecchio quanto ascoltato. Wills, col violino, suonava canzoni per sax e corni e iniziò a mescolare tutto. La sola cosa che lo incitasse a proseguire erano le acclamazioni che riceveva nelle feste da ballo in cui si esibiva.
Nel 1929, si trasferì a Fort Worth, per campare faceva da barbiere e arrotondava con altri mestieri. Qui conobbe il chitarrista Herman Arnspiger, un manovale alla banchina di carico e scarico, con cui fece pure qualche registrazione. Una sera, mentre suonavano durante una festa a Fort Worth, si levò dal pubblico un ragazzo che chiese di unirsi a loro cantando “St. Louis Blues”. Era Milton Brown, fino a quel momento uno sconosciuto venditore di sigari, che con loro formò la Wills Fiddle Band divenuta successivamente Light Crust Doughboys. A guidarli c’era il futuro governatore del Texas e senatore, W. Lee “Pappy” O’Daniel.
I Light Crust Doughboys spopolarono nelle stazioni radio. Il loro era un folk ballabile, ispirato al jazz, orientato ad intrattenere, col solo obbiettivo di diffondere un po’ d’allegria in quelli che erano i giorni oscuri della Grande Depressione. Bob e i suoi amici si ritrovarono ad essere i menestrelli del proletariato agricolo americano, impegnati ad allontanarlo dal baratro, ad alleggerirlo dei mali e della stanchezza di quei tempi duri. Nel 1932, però, si verificarono degli screzi in seno alla band perchè Pappy desiderò concentrarsi solo sui momenti radiofonici, rifiutandosi di lasciare che i Light Crust Doughboys suonassero in feste da ballo. Pappy non era una leader musicale, era un capo aziendale, piuttosto irritante, non aveva un reale interesse per la musica, ma solo grande fiuto per gli affari. Usò la band per la promozione della sua ditta di farine, assumendo i musicisti come dipendenti, impiegandoli in lavori manuali quando non suonavano.
Milton Brown fu il primo a defilarsi, formando una band di grande successo, i Musical Brownies con lui alla voce, Derwood Brown alla chitarra, Wanna Coffman al basso, Ocie Stockard al banjo, Jesse Ashlock e Cecil Brower al violino, Fred Calhoun al piano e Bob Dunn alla steel guitar. I Doughboys lo sostituirono con Tommy Duncan, ma nel 1934 sia lui che Arnspiger e Wills abbandonarono Pappy e dettero vita ad un nuovo ensemble, i Texas Playboys. Dovettero però lasciare il loro Stato perché il vecchio amico prese a fargli terra bruciata attorno e così si trasferirono in Oklahoma, prendendo parte agli show radiofonici della KVOO Station.
La band riscontrò un incredibile trionfo, rapidamente si guadagnò una reputazione da urlo, approntando una musica vivace che combinava polka, blues, swing e il gusto dixieland. I Texas Playboys aggiunsero William Eschol “Smokey” Dacus alla batteria e una sezione di fiati col trombettista Everett Stover, il trombonista Art Haines e il sassofonista e clarinettista Robert McNally. L’1 gennaio del 1935 iniziarono ad esibirsi nella Cain’s Ballroom di Tulsa, restandovi da programma due volte a settimana per i successivi otto anni e dando vita ogni volta a performance straordinarie. Della band di Wills facevan parte suo fratello Johnny Lee al banjo, Tommy Duncan al piano, i fratelli June e Kermit Whalin alla chitarra e al basso, Eldon Shamblin alla chitarra ritmica, Herb Remington alla steel guitar, il violinista Jesse Ashlock e il chitarrista e banjoista Clifton Johnson. Con questo ampio complesso, che avrebbe visto vari musicisti andare e venire nel corso degli anni, Wills ottenne un’eccezionale e duratura popolarità.
Pappy lasciò tutto per la politica mentre i Musical Brownies ebbero breve vita, cessarono d’esistere quando Milton Brown morì in un tragico incidente automobilistico nel 1936. Wills e i Texas Playboys, così, si ritrovarono soli a sperimentare il loro innovativo miscuglio di folk e jazz, fatto di percussioni, ottoni e ance, stile che divenne noto come “western swing”. Nel 1940, il disco “New San Antonio Rose” vendette più di un milione di copie.
Questa musica rimetteva in piedi uomini prostrati dallo sconforto, ridestava gli spiriti disorientati dallo squasso economico e dalla guerra che s’avvicinava. Cosa ancor più importante, la stessa storia di Wills parlava a tutti di un possibile riscatto, quello di un umile raccoglitore di cotone divenuto una star della musica. Nella sua vita privata, il leader dei Texas Playboys assunse come impegno morale il sostenere la sua famiglia economicamente, anche i fratellastri che vessavano in condizioni poco agiate in Texas. Per gli uomini della sua band, invece, Wills era un leader naturale che incoraggiava ogni membro a ritagliarsi momenti espressivi superando gli arrangiamenti scritti e lasciando ampio spazio all’improvvisazione e pause strumentali soliste, a volte anche collettive. Dovevano tutti adottare l’etica del lavoro, dei sacrifici, dell’impegno, ma all’interno di quelle regole c’era divertimento e guadagno.
Il ragazzetto dell’Ogden Ranch divenne famoso per le sue esibizioni spassose ed esuberanti, suonando il suo violino freneticamente mentre girava intorno al palco, fumando sigari, coinvolgendo il pubblico e i membri della sua band in battute scherzose e continue tipiche esclamazioni di “Ah-Haa!”. Iniziava allora lo spostamento della gente di campagna nelle città e vere e proprie sale da ballo andavano sostituendo i fienili dei ranch. Bob Wills visse questa trasformazione anzitutto grazie alla radio, poi percorrendo su e giù la Route 66 dal Texas alle coste californiane. Saliva sui palchi vestito con camicie western e gilet, stivali infilati nei pantaloni, cappello e cravatta bolo, seguendo lo stile dei singing cowboy, ma non era uno di loro. Hollywood restò ammaliata dalla sua presenza scenica e lo chiamò a prender parte a ben diciannove film.
Entrò nell’esercito degli Stati Uniti nel dicembre 1942, lo stesso anno in cui sposò la sua ultima moglie, la sesta, Betty Lou Anderson. Fu presto congedato per ragioni mediche e si trasferì a Los Angeles dove approntò una riforma della band eliminando i sassofoni e dando più peso a violini e chitarre. Ebbe così il suo più grande successo, incassando quasi mezzo milione di dollari in pochi anni. I Texas Playboys trasmettevano quotidianamente le loro performance dei fine settimana, il più delle volte dal Mission Beach Ballroom di San Diego. Nel 1944 fecero il loro primo tour nazionale con una tappa al Grand Ole Opry che suscitò scalpore perché Wills pretese la presenza del suo batterista in un’epoca in cui la batteria non era concepita come strumento country. Fu un rivoluzionario dal temperamento calmo, profondamente convinto delle proprie intuizioni, della forza delle proprie capacità.
I pezzi dei Texas Playboys erano briosi, frizzanti e faceti. “Sono stato in giro, ho visto molte città… scoprirai che sono il tipo di ragazzo che si vanta, ma ascoltami e vedi se non sei d’accordo con me. Nessuna melodia scorre come quel vecchio old steel guitar rag”, cantarono nel 1936 con “Steel Guitar Rag”. Erano incredibilmente leggeri anche quando toccavano l’attualità della Seconda Guerra Mondiale come in “Smoke on the water” del 1944: “Ci sarà un triste giorno in arrivo per i nemici di tutta l’umanità. Devono rispondere alle persone e questo preoccupa la loro mente… Hirohito insieme a Hitler viaggerà su un binario, Mussolini chiederà pietà come leader che ha fallito, ma non c’è tempo per la pietà quando l’aquila urlante vola. Quella sarà la fine dell’asse a cui dovranno rispondere con le loro vite”. Quattro anni dopo tornarono al registro romantico e alle reminiscenze messicane con “New Spanish Two Step”: “Giù oltre il Rio Grande, una senorita mi tenne la mano e dolcemente cantò una vecchia melodia. Senza preoccupazioni o timori mi ha dato una rosa dai suoi capelli e mi ha sussurrato: Si, Senor, si, si”. La loro canzone simbolo però fu “San Antonio Rose”, inizialmente un pezzo strumentale, a cui poi aggiunsero dei versi eleganti e nostalgici: “Nel profondo del mio cuore c’è una melodia, una canzone della vecchia San Antonio dove nei sogni rivivo… È stato lì che ho trovato accanto all’Alamo, uno strano incanto azzurro come il cielo, un cammino illuminato dalla luna che solo lei avrebbe conosciuto. Ancora si ascolta la mia canzone d’un amore perduto”.
Il successo iniziò a declinare al principio degli Anni Cinquanta, quando il rock and roll iniziò a dire la sua. Wills si ritrovò improvvisamente tagliato fuori, troppo country per le radio pop e troppo pop per le radio country. Cercò di interagire soprattutto con l’area rock and roll ritenendo che elementi del suo swing western ne avessero influenzato il DNA, ma ebbe poco seguito, anche perché la sua western swing band, con ben quindici elementi, risultava costosissima rispetto ad un terzetto o quartetto rock.
I Texas Playboys furono sciolti nel 1965. Quattro anni dopo un ictus lasciò Wills in parte paralizzato. Si dedicò ancora alla musica sino al 13 maggio del 1975, quando una terribile polmonite lo portò via. ( Angelo D’Ambra)