Lo spirito di Duane Allman è ancora ben presente tra chi, come me, è cresciuto con la Musica della Allman Brothers Band e con quel tipo di sonorità a cavallo tra Rock, Blues e Country. “Eat A Peach” è un disco particolarmente intenso non solo grazie alle sue grandi canzoni, ma anche a causa del fatto che il buon Duane scomparve poco tempo dopo la sua pubblicazione, nel febbraio del ’72.
Pur essendo stato registrato in studio, l’album presenta anche dei brani registrati durante le esibizioni al Fillmore East di Manhattan, non incluse nel precedente album “Live At Fillmore East” dell’anno precedente.
Il titolo “Eat A Peach” deriva da una frase detta da Duane Allman: «You can’t help the revolution, because there’s just evolution… Every time I’m in Georgia, I eat a peach for peace.» («Non si può aiutare la rivoluzione, perché esiste solo l’evoluzione… Ogni volta che sono in Georgia, mangio una pesca per la pace.»)
Il disco si apre con la suggestiva “Ain’t Wastin’ Time No More”, uno dei pezzi più amati della band, e prosegue con la strumentale “Les Brers In A Minor”, dalla sonorità molto jazzy. Il brano successivo (che chiude il lato 1 dell’LP) è la stupenda “Melissa”, brano scritto anni prima da Gregg Allman, ma registrato più recentemente e dedicato al fratello Duane.
L’intero lato 2 è occupato dalla mastodontica “Mountain Jam”, registrata dal vivo al Fillmore East: più di 30 minuti di pura improvvisazione “old school” che lascia letteralmente senza fiato.
La bluesy “One Way Out” apre il terzo lato dell’album, seguita dalla grande “Trouble No More” di Muddy Waters e da Stand Back, brano storico della band.
Gli ultimi due brani sono delle vere e proprie opere d’Arte: “Blue Sky” (pezzo al quale sono particolarmente legato) è un esplosione di assoli, dove le melodie di Dickey Betts e Duane Allman si intrecciano creando un piccolo-grande capolavoro, mentre la conclusiva “Little Martha” è uno spettacolare strumentale di Duane Allman, che rimanda alla grande tradizione dei vecchi guitar pickers. (Cristian Secco)