Tra le sorprese più piacevoli che ci ha riservato il 2024 in ambito roots, il nuovo disco di Alfie Smith, l’ottavo a ben dieci anni dal precedente lavoro, occupa un posto importante vista la caratura del personaggio benchè assolutamente sconosciuto da noi. Nativo di Hamilton, Ontario, Alfie Smith ha confezionato un disco il cui fascino va ben oltre le aspettative con cui ci siamo approcciati al personaggio, fornendo coordinate solide e stimolanti che tracciano un godibilissimo viaggio tra blues, folk e fascinazioni jazz, scendendo idealmente in un quantomai misterioso e lussureggiante ‘deep south’. La voce che rimanda al primo Tom Waits, roca ma al tempo stesso densa di romanticismo al pari del grande musicista di Pomona, California, grande tecnica ad innumerevoli tipologie di chitarre, arrangiamenti estremamente azzeccati per fascino e attrattiva, la facilità di scrittura che va a braccetto con una innata capacità di fare proprie canzoni altrui fanno di questo “Every Rome Needs A Nero” un album che entra subito nel cuore fin dalla introduttiva title-track che mostra nitide affinità con il citato Waits, quello che ancora univa il suo retaggio da troubadour folk di strada all’amato jazz. Ad accompagnare Alfie Smith in ogni suo brano c’è la tromba di Troy Dowding, straordinariamente poetica ed efficace con sapienti interventi che rendono originali ed uniche le canzoni del disco, con una sezione ritmica di livello composta da Dave Gould ai tamburi e da Justine Fischer al basso e le tastiere condivise di Jesse O’Brian al piano e di Brandon Bliss allorgano Hammond B3 e al wurlitzer. Ne scaturisce un suono che colpisce per efficacia e che scava nel profondo di emozioni blues come in “All The Blues I Need”, una sorta di rilettura del celebre “Come On In My Kitchen” e nella sempre pregevole “Shake Sugaree” di Elizabeth Cotten. “East End Girl” invece è uno dei momenti più struggenti e nostalgici dell’album con una melodia che cristallizza emozioni ed entra subito nel cuore dell’ascoltatore, così come “Sweet Persephone” che aggiunge un pizzico di grinta con una performance vocale intensa e un bel lavoro alla slide acustica. “Time Is A Rocketship” gioca ancora su tematiche blues mandando a memoria una lezione che Alfie Smith personalizza e rende originale, “Mule” riporta le atmosfere in una New Orleans pregna di passioni con la magica tromba di Troy Dowding e il liquido pianismo di Jesse O’Brian a dividersi gli onori, con “Stupid Fool” ad avvicinarsi al formato di ballata rock efficacissima e “Blue Fire”, più acustica, fedele a stilemi maggiormente folk. Chiude in bellezza un disco dai molti motivi di interesse una rivisitazione della “Bird On A Wire” di Leonard Cohen qui riletta con uno spirito quasi ‘cooderiano’, sottolineando appieno la splendida melodia originaria. (Remo Ricaldone)