Stephanie Hatfield risiede attualmente nel New Mexico dove ha inciso questo suo quarto disco intitolato “Out This Fell” ma è originaria di Detroit e ha discendenze ‘kentuckiane’ in una varietà di influenze che hanno contribuito a creare una personalità matura e profondamente sensibile. Tra rock, pop e radici, Stephanie Hatfield, con la fattiva e basilare collaborazione di Bill Palmer che co-produce l’album e fornisce uno straordinario lavoro chitarristico, porta all’attenzione di chi segue la scena indipendente americana una proposta decisamente intrigante, creativa ed emozionante. Con “Away Gently” si entra subito in un mondo fatto di dolore e nostalgia, speranza e redenzione sulle ali di un’ispirazione artistica notevole e di una grande bravura intepretativa. I ‘giochi’ di Bill Palmer all’elettrica si apprezzano subito grazie ad un grande gusto unito ad una ottima tecnica che rimanda, nel finale della successiva “Day Or Decades” che ricorda un po’ i Cranberries della compianta Dolores O’Riordan, certe atmosfere della California psichedelica degli anni a cavallo tra i sessanta e i settanta. La frequentazione del sudovest americano ha certamente influenzato la scrittura di Stephanie e talvolta emergono ‘colorazioni’ vicine al border come nei riverberi delle chitarre elettriche e nell’appassionato canto di “Gone, Gone, Gone” e nella seguente, incisiva “In Those Woods”. Il rock è sempre la principale ispirazione ma qui è coniugato con una profonda passione per le melodie folk e per l’attitudine ‘indie’ che pervade tutte e dieci le canzoni di questo disco. “Not Her” è un altro momento veramente godibile, rimandando un po’ ai Calexico anche per l’inserimento della tromba di Eric Ortiz e del violino di Karina Wilson, “Never Go Away” è più riflessiva ed intima, sofferta ed amara, “Lucy” ci riporta lungo il border con un’altra luminosa canzone, calda ed appassionata, con tanto di fiati mariachi, violino e la splendida ‘spanish guitar’ di Santiago Romero, “River Still Runs” è invece nostalgica, soffice e romantica e mostra tutta la dolcezza della voce di Stephanie Hatfield. Discorso a parte merita l’unica cover, una magnifica “Michigan” dal repertorio dei Milk Carton Kids, un gioiellino che risplende anche grazie ad un puro spirito folk e ad un coinvolgimento fortissimo. A chiudere uno sforzo decisamente riuscito “Like Sweetness Does”, sognante ed eterea, intepretata in solitaria da una voce che merita attenzione ed apprezzamento. (Remo Ricaldone)