Seguendo il percorso tracciato dalle grandi, storiche bands inglesi degli anni sessanta, Rolling Stones in primis ma anche Kinks e Who, i Diesel Park West fanno rivivere il rock’n’roll più appassionato e vibrante, quello che si è abbeverato alla fonte più pura del blues e ne ha assorbito tutta la carica ‘sporca’ e ruvida. “Let It Melt” porta a galla la contagiosa e trascinante forza espressiva di quella stagione, naturalmente senza quella connotazione rivoluzionaria e selvaggia ma con la consapevolezza di rappresentare una scena ancora viva e propositiva come quella inglese. Il quartetto di Leicester guidato da John Butler, cantante, chitarrista e tastierista che ha tenuto le fila della band per tutti questi anni, pur con qualche momento di pausa per ‘tirare il fiato’, è in pista ormai da una quarantina di anni, con una manciata di dischi all’attivo (con questo, nove) che purtroppo non sono riusciti a renderli famosi al di fuori della Gran Bretagna. Questo album si giova di una qualità compositiva decisamente interessante, derivativa si ma schivando il rischio di risultare banale o scontata mentre l’impatto strumentale è di quelli che spiccano per rocciosa solidità e anche sufficiente varietà di temi, dando sempre l’impressione di grande lucidità artistica. Non ci vuole molto per rendersene conto, giusto le prime note della title-track che apre l’album, seguita subito dopo da una “Pictures In The Hall”, gustosamente a metà strada tra i Kinks e gli Who targati sixties. “The Golden Mile” è scintillante e ricorda i primi Stones con notevole entusiasmo e brillantezza, più sinuosa “Scared Of Time”, ballata che ancora porta alla mente quelle di Jagger e Richards, “Everybody’s Nuts” è conferma del profondo amore per il r’n’r e vede ottimi incroci chitarristici tra il leader e l’altro chitarrista Rich Barton. “Living In The UK” è un altro momento da sottolineare, ancora molto ‘stonesiano’ e assolutamente pregevole, “Bombs Away” è potente e solida, “You Got The Whole Thing Wrong” ha nuovamente il blues nelle vene e “Across This Land” gioca su nostalgia e voglia di riprendere una tradizione che, distanza di più di mezzo secolo continua ad affascinare. D’altronde, come si diceva, “it’s only rock’n’roll, but I like it!”. (Remo Ricaldone)