E’ una storia inequivocabilmente texana quella dei Gringo Pistoleros, band dal nome se vogliamo curioso ispirato al grande storyteller Tim Henderson, musicista tra i preferiti del compianto Townes Van Zandt, maturata nei migliori clubs dello Stato, attrazione fatale per innumerevoli artisti provenienti da tutti gli Stati Uniti. Il nucleo della band ruota attorno ai nomi di Cory Grinder e Lazarus Nichols il cui amore per l’honky tonk, il Texas Swing ed il rock’n’roll li ha uniti portando avanti un’amicizia solida e profonda. La collaborazione con nomi come Michael O’Connor, Larry Wilson e Oliver Steck, i primi due ottimi chitarristi, il terzo provetto trombettista, ha coagulato una bella realtà che oggi ci regala un ottimo esempio di Texas music con un album dal curioso (nuovamente) titolo di “The Rise and…Subsequent Fall of the Texas Alien”, un bel mix di cover e di originali. Tra le prime che aprono e chiudono il disco si snoda una country music dal piglio autentico e genuino nella migliore tradizione del Lone Star State, interpretate con la naturalezza insita in musicisti che da una vita fanno questo. “That’s How I Got To Memphis” firmata dal grande Tom T. Hall è qui in una veste tanto semplice quanto efficace con la notevole steel di Stephen Karney, il mandolino di Michael O’Connor e cori che rimandano alle splendide armonie vocali della California dell’epoca del country-rock. E ancora la California è protagonista con l’altra cover che chiude l’album, una “Dire Wolf” che rende giustizia alla splendida melodia country di Jerry Garcia e Robert Hunter apparsa originariamente in “Workingman’s Dead” dei Grateful Dead, con lo spigliato tradizionale “Crawdad Song” a ravvivare la selezione grazie anche al bel fiddle di Cory Grinder. Il resto lo fanno i brani originali e sono da sottolineare per freschezza “One Step Further”, classicamente texana, “I’ll Walk The Line (For Your Hoochie Coo)”” dall’andamento honky-tonk segnato dal piano di Cory Grinder e dalla solida sezione ritmica nelle mani di Alexander Buchanan al basso e Bee Roberts alla batteria, i quasi inevitabili toni ‘mexican’ di “High Mileage Heart” e le sfumature di una soffice ballata come “Lone Star-Crossed Romance”. Disco che merita un ascolto e che soddisferà coloro che guardano alle produzioni indipendenti in cerca di una country music credibile. (Remo Ricaldone)