Essere figlio d’arte è notoriamente sfida da far tremare i polsi quando si sceglie di seguire la strada percorsa da genitori dal grande talento come Steve Young, tra i più importanti ispiratori del movimento ‘outlaw’ e figura di rilievo del cantautorato americano e Terrye Newkirk, protagonista della scena musicale di Los Angeles negli anni sessanta e autrice di successo. Jubal Lee Young ha saputo mantenere alta la qualità del suo lavoro attraverso cinque album in cui sono emerse qualità importanti come compositore e come interprete, portando avanti un processo di maturazione decisamente significativo. Erano comunque dieci anni che Jubal Lee non proponeva nuovi album a suo nome e l’uscita di questo “Wild Birds Warble” inciso a Nashville sotto la produzione di Markus Stadler è da salutare come un ritorno veramente rimarchevole dove il nostro completa un’operazione che sa di nostalgia e di profondo amore per il songbook del padre ma anche di notevole espressività e di lungimiranza. Quattordici sono i brani dove scorrono alcune delle indimenticabili melodie scritte da Steve Young ma anche capolavori di nomi fondamentali della storia della musica americana legata alle radici country/folk come Townes Van Zandt, Utah Phillips, Mickey Newbury, Richard Dobson e David Olney, con la (non troppo) sorprendente ripresa di un classico di Warren Zevon come “Carmelita” riletta con splendido gusto ‘mexican’ a la Tom Russell a completare un quadro più che easustivo delle radici di Jubal Lee Young. Tutta la prima parte dell’album è dedicata a Steve Young con l’apertura affidata a una frizzante “White Trash Song” i cui inserti portano in territori bluegrass e con eccellenti cover di classici come la celeberrima “Seven Bridges Road” portata al successo dagli Eagles e con le cristalline melodie di “Jig”, “Traveling Kind” e “Long Way To Hollywood” a cui fa seguito l’unico momento originale, “Angel With A Broken Heart”, appassionato country waltz interpretato con forza e convinzione. Richard Dobson è omaggiato con la rilettura di “Useful Girl” a cui Jubal Lee Young dona intensità ed energia, portando a termine questo suo progetto con due canzoni di David Olney, la grintosa “Deeper Well” dai contorni tradizionali e la toccante “If My Eyes Were Blind”, una per Townes Van Zandt, “No Place To Fall” che fu magistralmente ripresa anche dal padre Steve, una per Mickey Newbury, la classica “Why You Been Go So Long?” ripresa da innumerevoli artisti country, folk e bluegrass, una per Utah Phillips, “Rock, Salt & Nails” punto fisso del repertorio di Steve Young, per poi congedarsi con il traditional “East Virginia”, lancinante e pungente bluegrass. Disco dal fascino senza tempo da non lasciarsi sfuggire. (Remo Ricaldone)