“For 14 years, I have watched heart and soul, dreams and individualism, fighting for their very existence in a world of increasing technology. This album is a reminder to all those who dream, work, and fight for what they believe; do not give up your vision.” Con queste parole Garth Brooks presenta il suo nuovo, attesissimo album intitolato Man Against Machine e prodotto dalla Sony Music. I brani sono 14, tutti ovviamente nuovi di zecca per quasi un ora di musica. Un piccolo mistero avvolge però questo prodotto, infatti al momento non è ancora ben chiaro se uscirà nei negozi o lo si potrà acquistare solo “digitally available only”, cioè scaricandolo via internet dal Brooks’ online music store GhostTunes. Probabilmente si tratta di una trovata pubblicitaria e nei prossimi giorni ne sapremo di più. Parecchi anni sono passati (praticamente 14 se si considera come ultimo album Scarecrow uscito nel 2001 e non si contano compilations varie e albums di covers) ma Garth ha mantenuto intatta la sua voce fantastica, una voce che ha contribuito in maniera determinante a cambiare la storia della country music. Il “dischetto” si apre con la title track Man Against Machine, brano molto moderno che ti lascia un pochino disorientato ma è con la seconda traccia (She’s Tired Of Boys) cantata con la moglie Trisha Yearwood che ritroviamo le classiche love songs dalla trama estremamente complicate tipiche di Garth. Mi piacciano molto Wrong About You, Rodeo and Juliet (bello il titolo), il singolo People Loving People ma la mia preferita è sicuramente Cowboys Forever con tanto di intro da parte di pianoforte e fiddle. Forse non è così country come molti di noi speravano ma sicuramente Man Against Machine è il classico album a-la Garth Brooks. Quindi il mio modesto consiglio è questo: se cercate pura country music dalla prima all’ultima canzone, Man Against Machine non è il vostro prodotto. Se invece amate lo stile del singer/songwriter di Yukon Ok acquistate ( nei negozi o solo via internet, ma questo lo vedremo) subito l’album . Garth, alla fine, è sempre Garth. (Gianluca Sitta)